Sciopero o blocco degli scrutini?

L’indizione da parte di CGIL, CISL, Gilda, Snals e UIL di due giorni di sciopero degli scrutini che è cosa, è bene ricordarlo, assai diversa dal blocco a oltranza degli stessi scrutini, determina una modificazione di non poco conto dello scenario per quanto riguarda l’opposizione al ddl Renzi Giannini.
Dal punto di vista politico, indicendo congiuntamente lo sciopero i cinque sindacati “rappresentativi” della scuola mantengono unito il LORO fronte e, in qualche misura, confermano una capacità di relazione e di controllo nei confronti del movimento che si è sviluppato nell’ultimo mese.
Dal punto di vista “tecnico” è interessante notare che lo sciopero da loro indetto ha caratteristiche innovative, si svolge scuola per scuola sulla base dei calendari degli scrutini stabiliti dal singolo istituto e prevede la possibilità dello sciopero orario scrutinio per scrutinio con un costo per il singolo scioperante decisamente minore rispetto allo sciopero della giornata.
A questo proposito credo sia opportuno rilevare come vi sia una clamorosa conferma del fatto che la norma o, quantomeno, l’interpretazione della norma è determinata da equilibri di potere e rapporti di forza. Immaginiamo infatti cosa sarebbe avvenuto se un sindacato “minormente rappresentativo” avesse provato a interpretare in questo modo l’accordo sull’attuazione della legge 146/90, la famosa legge contro gli scioperi nel settore pubblico allegato al contratto collettivo di lavoro della scuola. Non credo sia prova di un’attitudine paranoica l’immaginare che la Commissione di Garanzia sull’esercizio dello sciopero… lo avrebbe immediatamente bocciato mentre, a meno di sorprese, nei confronti dei sindacati istituzionali non l’hanno fatto..
Sia come sia, indicendo lo sciopero degli scrutini, i sindacati istituzionali hanno parzialmente fatto propria una richiesta dei settori più radicali dei lavoratori della scuola ponendo esplicitamente un limite all’iniziativa ed escludendo il blocco degli scrutini stessi.
Tecnicismi a parte, verifichiamo assieme come le ragioni della forza del movimento contro la “Buona Scuola” siano paradossalmente i suoi limiti.
Abbiamo più volte insistito sul fatto che l’esigenza di avere una massa d’urto tale da contrastare la politica del Governo e la conseguente valorizzazione dell’unità sindacale sono assolutamente ragionevoli ma, nello stesso tempo, l’unità sindacale si fa non con gli IWW ma con sindacati sviluppatisi in un modello corporativo democratico che ne ha determinato la stessa interna natura e modalità di funzionamento, finanziamento e monopolio dei diritti sindacali.
Ne consegue che, in misura maggiore o minore, l’obiettivo, se non l’unico obiettivo, di CGIL CISL UIL Snals e Gilda è la restaurazione della concertazione e del loro conseguente ruolo di partner istituzionali di governo e padronato. Poco conta, in questa sede, stabilire se è un obiettivo realistico e se vi sono i margini per realizzarlo, basta rilevare che al conseguimento di questo obiettivo si conforma la loro azione.
Ed effettivamente il loro adelante con juicio realizzato indicendo uno sciopero di due giorni a costi contenuti sembra un eccellente maniera per tenere assieme esigenze diverse, conflittualità e ragionevolezza, mediazione e forza. In qualche misura, insomma, un adattamento degli apparati del sindacalismo istituzionale al clima più vivace imposto da Renzi.
Siamo, insomma, di fronte alla classica situazione di una dialettica complessa fra un movimento e un insieme di istituzioni che pretendono di rappresentarlo.
Se incrociamo questa considerazione con la valutazione del fatto che ampi settori della categoria degli insegnanti sperano di poter utilizzare il proprio peso elettorale per condizionare la politica normativa, al fatto che la pratica delle vertenze legali sembra a molti oggi la più efficace, a un’ attitudine legalitaria che caratterizza molti insegnanti, ne consegue che l’ipotesi del blocco a oltranza degli scrutini appare, se non impossibile, difficile da realizzarsi.
Da ciò non va dedotto meccanicamente l’idea che questa prospettiva vada abbandonata, al contrario, dobbiamo sostenere con chiarezza che solo una mobilitazione forte e radicale ha delle prospettive di vittoria.
Semplicemente dobbiamo essere in grado di immaginare un percorso nel caso il blocco non si realizzi.
Nello stesso tempo va evitato l’appiattimento su posizioni quali quelli dei sindacati istituzionali e va mantenuta la nostra libertà di iniziativa ovunque se ne dia la possibilità.
Soprattutto va fatta una valutazione realistica attenta delle esperienze di autorganizzazione che si sono sviluppate nelle ultime settimane.
In diverse scuole gruppi di colleghe e colleghi hanno sviluppato iniziative interessanti, vi sono reti di discussione che utilizzano internet e che hanno sovente una notevole efficacia, si stanno sperimentando delle pratiche associative in parte diverse da quelle tradizionali.
Una particolare attenzione, a mio avviso, va riservata all’ attività mitopoietica , alla produzione dei filmati, materiali utili per la comunicazione, testi.
Un movimento reale infatti non si caratterizza per un’ attività inconsapevole ma per la ridefinizione del proprio essere collocati nelle relazioni sociali. A questo proposito negli ultimi tempi è stato certamente il movimento No Tav quello che ha prodotto l’attività più interessante ma quanto sta avvenendo nella scuola merita una grande attenzione.
Qual’è in questo contesto il nostro ruolo? Certamente lo stare dentro le mobilitazioni su posizioni chiare ma sarebbe il caso di fare un passo avanti, di porre all’ordine del giorno un percorso unitario del sindacalismo di base, quantomeno nella scuola, che appare sempre più condizione minima per un’iniziativa efficace.
Cosimo Scarinzi

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